Generazione Sainte-Soline: la lezione da imparare

Generazione Sainte-Soline: la lezione da imparare

C’è un prima e un dopo quella che ormai nota come la battaglia di Sainte-Soline, quando lo scorso 26 marzo migliaia di persone hanno partecipato alla mobilitazione contro la costruzione di nuovi mega bacini idrici Francia. Una giornata chiamata dai movimenti Soulevements de la Terra e Bassines non Merci, pensata con l’obiettivo del sabotaggio e dell’azione diretta.
Un giornata ad altissimo livello di conflitto con il cantiere dei bacini trasformati in un fortino invalicabile. L’armata nera (e blu, scelto come il colore di questa lotta) con tra le mani scudi artigianali, pietre e fuochi d’artificio avanzava senza esitazione verso le caminette della polizia, i fuoristrada, gli idranti e gli uomini della gendarmerie.
I campi sterrati sono un campo di battaglia. Una battaglia impari, però. I manifestanti ordinati, preparati e organizzati per tutelarsi in ogni tipo di guerriglia si sono trovati davanti quella che è stata probabilmente la più violenta repressione in un paese europeo dopo il G8 di Genova. Un lancio di lacrimogeni continuo per circa cinque ore e 4000 granate che loro chiamano stordenti, per disperdere le folle. La verità è che sono veri e propri esplosivi al tritolo. “Medìc, medìc!” è l’urlo che si sente ogni pochi minuti seguito dalla corsa di qualcuno con una croce rossa sul casco. Nel pomeriggio i manifestanti volevano ricominciare l’assedio al cantiere ma la Brigata sanitaria ha chiesto di non farlo: avevano già esaurito il materiale.

È forse arrivato il nostro momento per tirare le nostre somme, in quello che sembra essere un punto di svolta della nostra lotta, dei nostri metodi, della nostra narrazione ma anche della nostra elaborazione post evento. Soprattutto dopo un evento di questa portata è necessaria un’analisi e una ricostruzione collettiva di quello che è stato. Soulevements de la Terre nei giorni successivi alla manifestazione ha proposto un debriefing psicologico per tornare agli eventi e permettendo a tutti di condividere la propria esperienza e ricomporre il racconto collettivo di quello che è successo. Questa sorta di guida all’elaborazione ha l’obiettivo di individuare eventuali punti ed elementi non assimilati e potenziali cause di shock traumatico. Comprendere la propria esperienza è un passaggio che richiede il confronto con l’altro ed necessario per salvaguardare la propria salute mentale, soprattutto in un ambito come quello della lotta conflittuale dove ogni corpo si appoggia al corpo vicino. Ciò che ha proposto Soulevements de la Terre è forse quello che è mancato nei giorni post Genova 2001, un trauma non del tutto elaborato i cui effetti sono visibili ancora più di vent’anni dopo. Andando oltre il riot porn, è probabilmente questa la lezione francese da cogliere e importare nelle nostre pratiche di lotta, per renderle non solo poi efficaci ma anche più durature, costanti e che salvaguardino la salute mentale.